categoria | Famiglia e Minori, Vittimologia

La foresta dei mostri,di Manrico Trovatore (alias Enrico Ciccarelli )

Inserito il 03 luglio 2019 da Maria Rosa DOMINICI

Alle volte succede,che per uno strano e fortuito caso leggi riflessioni di una persona sconosciuta,che sembrano essere tue,te ne stupisci perchè non sai quale sia la professione,l’esperienza,la storia da cui derivi una tale rigorosa analisi critica di fatti che per ora hanno trovato una grande risonanza massmediatica…,quella che ama il sensazionalismo,preconcetto ed accusatorio,ho chiesto se potevo pubblicare questa voce fuori dal coro,all’autore che cortesemente me lo ha concesso.
Qualunque sia l’esito di questa vicenda,credo che sia utile pubblicare questa opinione che analizza il principio di realtà,la riservatezza e la delicatezza che la materia in questione richiede,abusi e maltrattamenti su minori,
rispettando anche la presunzione di innocenza
grazie
Maria Rosa Dominici

Manrico Trovatore
30 giugno alle ore 09:06 ·

LA FORESTA DEI MOSTRI

Non posso parlare con cognizione di causa (ho dalla mia solo i resoconti giornalistici), ma mi sono formato l’opinione (della quale sono pronto a scusarmi in caso di smentita) che l’inchiesta della Procura di Reggio Emilia chiamata “Angeli e demoni” sia una colossale bufala, un petardo mediatico destinato a non lasciare traccia.
Riassumo la storia per summa capita: secondo la Gip Valentina Salvi era all’opera in Val d’Enza, nel Reggiano, un’articolata organizzazione a delinquere, incentrata sulla Onlus Hansel e Gretel, che “inventava” o drammatizzava casi di abuso su minori al fine di procurarsi illeciti profitti con lo strumento dell’affido retribuito. Famiglie prive di colpa si sarebbero viste strappare i figli, che sarebbero stati consegnati a un incerto destino.
Mostruosa trama, se mai ve ne furono: agghiacciante per pravità e impressionante per vastità e articolazione. Ma vera? Personalmente ne dubito.
Per una ragione pratica, innanzitutto: i minori bisognosi di affido sono in numero largamente superiore alle strutture e alle famiglie idonee a essere affidatarie e disposte a esserlo. Che bisogno c’è di inventare un meccanismo così tortuoso e dalle complicità così ramificate per creare un bisogno artificiale, quando ce n’è uno reale che non si riesce a soddisfare?
In secondo luogo non trovo traccia, nei resoconti, di quella che avrebbe dovuto essere la naturale conseguenza del malvagio ordito: è a dire un’impennata dei casi di abuso in quel territorio, un’anomalia statistica che potrebbe inoculare il dubbio di una costruzione a tavolino.
Ma la principale ragione di incredulità viene proprio dalla sensazione che gli inquirenti non abbiano la più pallida idea di quanto accade realmente nelle situazioni di abuso, e quanto elusiva e sfuggente sia la verità in vicende penose, con i loro meccanismi di rimozione, di negazione, di autocolpevolizzazione.
Chi fa l’indagine sembra ritenere che esistano da un lato i bambini non abusati, e dall’altro bambini abusati che sanno perfettamente di esserlo, che sono perfettamente in grado di dire cosa è successo, se vogliono ancora bene ai loro genitori o se ne hanno soprattutto paura, e soprattutto se vogliono lasciare la famiglia, l’unica che hanno conosciuto, e la casa, l’unica che hanno conosciuto, per andare in un luogo ignoto con persone ignote. Uno schema rilassante, non c’è che dire.
Purtroppo le cose non stanno così: i mostri sono nella foresta, frammisti e nascosti. Gli Angeli e i Demoni non sono due categorie distinte e contrapposte, ma una specie partecipe di entrambi gli aspetti. La mano che ti accarezza e ti accudisce è la stessa che ti picchia o ti molesta; la famiglia che maltratta in modo indicibile il suo secondo bambino è la stessa che si prende amorevolmente cura del terzo o del primo. Soprattutto, la foresta dei mostri è quella di cui il bambino o la bambina fanno parte, è la loro tana.
Provate a parlare con un qualsiasi psicoterapeuta che abbia avuto in cura un adulto che da bambino sia stato abusato, e chiedetegli con quanta fatica e quante incertezze abbia tirato fuori quel grumo oscuro, quanto sia stato delicato e potente, a volte violento, il forcipe con cui quel dolore remoto è stato riportato alla luce. E immaginate quanto possa essere proibitivo farlo a ferita fresca, con la belva (che è anche il conforto e il rifugio) nella stanza accanto, con un’esperienza della vita limitata a tre o sei anni.
È possibile che un professionista del settore, magari spinto da un malinteso desiderio di tutela dei bambini, interpreti male? Che veda un abuso dove non c’è stato? Che veda un’inabilità genitoriale irrimediabile dove c’è solo qualche recuperabile criticità? Certo che è possibile. Proprio per questo le decisioni di sottrazione del minore alla famiglia d’origine sono collegiali, passano per molte verifiche, vengono assunte con molte cautele. Proprio per questo gli inquirenti sono costretti a ipotizzare una così improbabilmente vasta rete di complicità.
Questa impressione di sprovvedutezza e inverosimiglianza è accresciuta da talune annotazioni avventurate. Per esempio, gli elettroshock in miniatura a cui sarebbero stati sottoposti i bambini per convincerli (costringerli?) a dichiarare il falso; per esempio le aggiunte di connotazioni sessualizzate ai disegni dei piccoli; per esempio l’annotazione che una delle famiglie affidatarie fosse titolare di un sexy-shop (embé?).
Mi pare che l’apice si raggiunga quando si dice che diversi bambini per i quali si sarebbe inventato un abuso inesistente, giunti all’adolescenza “manifestano profondi segni di disagio, tossicodipendenza e segni di autolesionismo”. Tutte cose notoriamente inesistenti negli adolescenti non affidati, e rarissime in coloro che un abuso lo abbiano effettivamente subito.
Direi che i numi tutelari dell’inchiesta sono due: il diffuso sentire antiscientifico, di cui la magistratura è stata spesso la principale interprete, che fa guardare con sospetto alle competenze. Proprio perché ignote all’analfabetismo funzionale dominante, esse possono essere utilizzate per qualsiasi tipo di grassazione e complotto, si tratti della Xylella, dei vaccini o dell’abuso di minore.
Il secondo è la religione della famiglia, l’idea che lo ius sanguinis abbia una forza e una legittimazione superiore a qualsiasi altro legame. La famiglia e la permanenza in essa vanno difese allo stremo perché sono comunque il luogo deputato all’amore; anche quando questo amore è fatto di botte, di malnutrizione, di trascuratezza, di perversione.
Il mix fra queste due subculture produce (c’è il rischio che produca, c’è il rischio che abbia prodotto) inchieste come quella di Reggio. Che obbediscono, inoltre, a un’altra diffusa tendenza del discorso pubbilco italiano: il ribaltamento della realtà. Esiste in Italia un serio problema di abusi sui minori, che spesso non vengono denunciati, non vengono segnalati, non vengono perseguiti. Cosa c’è di meglio che far credere che il problema sia invece di coloro che li individuano, li denunciano, si impegnano per perseguirli?
Una caccia alle streghe che, per beffardo paradosso, sembra il simmetrico contraltare di una caccia alle streghe di segno opposto, che una ventina d’anni fa nel modenese ebbe a oggetto i presunti appartenenti a una presunta setta di pedofili satanisti della provincia di Modena, denominati –guarda un po’!- i “Diavoli della Bassa”. È proprio il caso di dire che il diavolo ci mette la coda.
Pare proprio che, almeno per quanto riguarda il sindaco, sia una bufala colossale…

leggo su FB e chiedo:
” lei ha scritto in modo chiaro ciò che ho pensato come probabilmente possibile sin dall’inizio,…mi piacerebbe mettere questa elaborata e rigorosa analisi nel mio sito di vittimologia,www.crimevictimpsicantropos.com…se me ne darà il permesso,grazie comunque “

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Maria Rosa DOMINICI

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psicologa,psicoterapeuta vittimologa,membro dell'Accademia Teatina delle Scienze,della New York Academy ofSciences,dell'International Ass. of Juvenile and Family Court Magistrates,della Società Italiana di Vittimologia,della W.S.V.,dell'Ass.internazionale di Studi Medico Psico Religiosi.,docente di seminari di sessuologia, criminologia e vittimologia in università Italiane e straniere,esperta per progetti Daphne su tratta di minori e sfruttamento sessuale,creatrice del progetto Psicantropos,autrice di varie pubblicazioni,si occupa di minori e reati ad essi connessi da 40 anni.

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