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IL PLAGIO – Capitolo I

Inserito il 07 ottobre 2012 da Silvia CROCI

Capitolo I “DEFINIZIONE DI PLAGIO”

Paragrafo 1. Definizioni

Il termine “plagio” deriva dal latino “plagium”. Ma il concetto corrente di plagio, come è altrettanto noto ha assai poco a che vedere con ciò che i Romani intendevano per plagium: il plagiarius, nell’antica Roma, è un tipo particolare di ladro, la cui refurtiva era costituita dagli schiavi, ed il plagium, per estensione la riduzione in schiavitù di un liberto o di un uomo libero; in ambedue i casi si verificava l’appropriazione indebita di una merce, quali erano ovviamente gli schiavi, con la significativa conseguenza che il plagium, frequentemente si confondeva con il furtum. Pertanto il termine anticamente era usato in senso di furto di schiavo altrui oppure come reato di chi rendeva illecitamente schiavo un uomo libero.

Flora (1990), individua come ultima e più moderna interpretazione del fenomeno plagio la seguente definizione: un condizionamento psicologico che determina un deterioramento della personalità preceduto o seguito da uno stato di isolamento fisico e comunicativo, ponendosi il plagiante non solo come unica fonte di informazione per il plagiato, ma come occultatore di notizie. L’autore intende per deterioramento della personalità un deterioramento psichico.Secondo Flora (op. cit.), le interpretazioni del fenomeno plagio susseguitesi nel corso del tempo, hanno attraversato diverse fasi: una prima concezione come “dominio fisico materiale”, condizione assimilabile alla schiavitù; una seconda concezione assimilabile ad un dominio psicologico della volontà altrui, realizzato per mezzo della suggestione, con conseguente stato di soggezione. Una ultima e più moderna interpretazione come condizionamento psicologico che determina un deterioramento della personalità proceduto o seguito da uno stato di isolamento fisico e comunicativo, ponendosi il plagiante come esclusiva fonte di informazione per il plagiato.

Si viene quindi a determinare un vero e proprio stato di isolamento dagli altri del soggetto passivo, con impedimento ad attingere a fonti diverse da quelle imposte dal soggetto attivo e con diminuzione delle capacità di autodeterminazione. Si evince quindi che nella concezione moderna si intende per plagio l’assoggettamento di una persona al proprio potere mediante una coercizione psichica, privandola di ogni libertà di giudizio e iniziativa.

Il termine plagio, inoltre assume il significato di grave villazione della proprietà letteraria, o artistica, che commette chi spaccia come propria un opera o parte di un opera di cui altri è autore.

La normativa del Codice Penale relativa al plagio, disciplinata dall’articolo n° 603 è andata incontro a revisione, con il passare del tempo fino a essere resa incostituzionale in data 9 aprile 1981.

Paragrafo 2. Cosa è il plagio

Il plagio consiste nell’uso “perverso” della capacità di un soggetto dominante di indurre cambiamenti nel pensiero e nella volontà di un soggetto passivo, cioè nell’intento, da parte dell’attore, di procurarsi un vantaggio o un guadagno illecito di qualsiasi natura esso sia, purché prevaricante i limiti concessi dalla norma e dalla comune accezione morale. L’induzione di cambiamenti nel pensiero e nella volontà del soggetto più debole può accadere benissimo, come accade in effetti nell’innamoramento, senza la deliberata volontà e a volte senza neanche il pieno consenso di colui che verrà poi alla fine a trarre un qualche vantaggio dalla situazione. Il plagio “buono” è da intendersi come “persuasione socialmente accettata”; in effetti nella stragrande maggioranza dei casi lo stato delle persone oggetto di plagio, intanto non è di “soggezione”, ma solo di “dipendenza psicologica” ed inoltre non è quasi mai “totale” ma solo “parziale” e temporaneo.

La sentenza della Corte di Assise di Roma del 14 luglio 1968, Presidente Falco, P.M. Loiacono, così riferisce: “Il delitto di plagio consiste nella cosciente e volontaria instaurazione, con qualunque mezzo attuata, di un assoluto dominio psichico – ed eventualmente fisico – su una persona. Effetto di tale dominio deve essere l’annullamento della libertà del soggetto passivo di autodeterminarsi e la conseguente negazione della sua personalità. Il fatto che al soggetto passivo sia conservata qualche facoltà (come per esempio quella di locomozione) non esclude la sussistenza del delitto quando il soggetto passivo abbia cessato di mantenere la propria personalità e sia ormai incapace di realizzare pienamente e liberamente se stesso a seguito dell’azione del soggetto attivo. Il dolo del delitto di plagio è generico e consiste nella coscienza e volontà di sottoporre una persona al proprio dominio. La ratio della incriminazione consiste nella necessità di tutelare la libertà individuale nelle sue varie manifestazioni da forme di pressione esterne che annullano il potere critico e rendono etero – diretta la volontà”. In accordo a questa sentenza per il Legislatore il delitto di plagio comporta il totale stato di soggezione del soggetto passivo, per annullamento della sua capacità di volere, esercitato da un dominio psichico, e quindi la negazione della sua personalità e la privazione della sua libertà individuale.

Nella condizione di plagio l’individuo perde la capacità di critica e di scelta, e conseguentemente di ricerca e di decisione, di coscienza e di volontà propria; la sua modalità di percepire il reale si uniforma a quella suggerita dal suggestionante. E questo perché “la condizione in cui viene trovarsi il plagiato e cioè il totale stato di soggezione” (come si esprimeva il Codice Penale), ad opera di un’altra persona, è “una condizione indubbiamente psicopatologica: psicopatologica naturalmente in senso lato, cioè di anormalità anche se si verifica in soggetti altrimenti normali”.

Le situazioni di subordinazione psichica che si verificano nei normali rapporti di convivenza umana, possono in condizioni particolari, giungere ad una subordinazione assoluta, e identifico queste situazioni nel rapporto amoroso, nella dipendenza del discepolo dal Maestro e particolarmente dall’Educatore, nell’influenza psichica che una persona può esercitare su un’altra quando il rapporto interpersonale si istituisce sul piano della fede religiosa, o di quello politico, nel rapporto interpersonale di dipendenza, ottenuta con mezzi psicologici (come quella che si stabilisce tra lo psichiatra, ed in particolare lo psicanalista, ed il paziente) e nella situazione di soggezione genitori – figli. Se, nelle situazioni sopraccitate, il maestro, il sacerdote, il propagandista politico, ecc .. fanno opera di persuasione sfruttando meccanismi inconsci che portano ad una dipendenza psicologica, questa dipendenza assume, in un certo senso, le caratteristiche della soggezione e quindi del plagio.

Dalla lettura di tutto il materiale sul fenomeno plagio, credo sia corretto collocare il plagio come caso nell’ambito dei rapporti di potere interpersonali a carattere “ideologico” chiamato soggezione. In tale ottica, il plagio, come totale stato di soggezione, include il condizionamento morale, psicologico, culturale, ecc .. in una parola la sottomissione “ideologica” di un soggetto ad un altro. Il plagio è quindi da intendersi come meccanismo di potere che, sotto specie multiforme, attenta all’autonomia individuale; scomparsa la schiavitù come condizione di diritto, il plagio è la schiavitù morale e psicologica che mutila l’individuo, dei diritti naturali di libertà, sicurezza e proprietà. Il termine plagio di persona sembra non abbia alcun significato, o ne abbia uno molto sottile, per il senso comune; forse deriva dal fatto che al concetto non si sa quale fatto fare corrispondere nelle situazioni reali dei rapporti interpersonali. Di qui al sospetto che il plagio come fatto o situazione non esista il passo è breve.

Paragrafo 3. Affinità con altre modalità di influenzare l’altro

L’elemento fondamentale del plagio, come ogni tipo di soggezione interpersonale sembra essere il potere; pura forza ed imposizione del più forte sul più debole che va direttamente allo scopo senza lasciare a colui che è soggetto l’alternativa tra l’obbedire ed il soccombere. Esiste tuttavia una forma di potere diversa dalla superiorità del più forte sul più debole; sono i rapporti interpersonali in cui compare un superiore e un dipendente: il rapporto di dipendenza, come ad esempio il rapporto genitore – figlio, medico – paziente, istruttore – allievo, tecnico – utente, docente – discente, e altri simili. In tutti questi casi il potere dell’uno sull’altro si esercita nella misura minima indispensabile ed è sempre sostenuto da una ragione riconosciuta da entrambe le parti.

Il secondo tipo di rapporto di potere è quello di sudditanza: una relazione di tipo prevaricatorio, nel senso che un superiore si arroga un diritto ed esercita un potere non legittimato da ragioni naturali, né dall’altra parte, ma imposti dalla propria forza e volontà ed in vista del proprio interesse. Tali sono tutte le situazioni di schiavitù e di sfruttamento e risultano dalla degenerazione della dipendenza.

Il terzo tipo di potere è definibile come soggezione; anche questo può derivare per degenerazione dalla dipendenza, è interpersonale e prevaricatorio, ma di un tipo “ideologico” in quanto non prevale l’elemento della subordinazione per fini di utilità pratica e materiale (riduzione in servizio, sfruttamento) ma per fini di soggezione personale psicologica. Nella soggezione “ideologica” c’è sempre un contenuto, un insegnamento, un messaggio, un corpo di valori che vengono indirizzati verso un soggetto attraverso canali anche psicologici. Il potere coercitivo della soggezione è quello dell’amante sull’amato, del leader sul seguace, dell’amico sull’amico, di ogni tipo di direttore di coscienza e di altri simili. Il plagio potrebbe essere considerato come caso limite della soggezione interpersonale, rapporto di soggezione in cui il potere del soggetto attivo si sarebbe allargato sino a fare del soggetto passivo una vittima priva di ogni capacità di autodeterminazione. La materia di questa soggezione interessa relativamente: può trattarsi di contenuti schiettamente ideologici, come avviene nel proselitismo, e in questo caso il plagio consisterebbe in una esasperazione del rapporto leader – seguace, con la relativa trasmissione e ricezione acritica di un bagaglio di valori, di un credo religioso o politico o filosofico; ma potrebbe anche trattarsi di una soggezione meno ideologizzata e senza innesti assiologici sul plagiato, radicata profondamente a livello di ascendente psicologico e garantita dall’ubbidienza indiscriminata alla volontà del plagiario. Lo stato di soggezione è un dover essere e un dovere agire secondo modi e direttive imposte dagli altri, la soggezione è anche una forma di alienazione, nel significato semplice di essere altro e fare altro da ciò che si sarebbe e si farebbe in proprio. E’ molto arduo definire in astratto un tipo di soggezione particolarmente grave alla quale potere dare il nome di plagio; a questa difficoltà teorica corrisponde l’impossibilità pratica di individuare i casi in cui la soggezione degenera nel plagio. Il limite estremo a cui può arrivare la soggezione interpersonale è affine alla schiavitù, dalla quale si differenzia sia per ragioni formali (la schiavitù è sancita dalla vendita ed è legittimata formalmente dal riconoscimento di un potere pubblico; per questo nella tipologia dei rapporti di potere interpersonale, viene collocata tra i rapporti di sudditanza), sia perché la soggezione ha un fondamento “ideologico” che manca alla schiavitù.

Paragrafo 4. Cosa non è

In questo paragrafo intendo descrivere un elenco di situazioni che spesso vengono confuse con il plagio ma che non lo sono.

Si parla di coercizione quando un soggetto adotta uno scopo solo strumentalmente, per evitare un danno maggiore, e solo perché e fintanto che l’altro lo vuole (glielo impone). Cambiare il comportamento (le azioni) è più semplice che cambiare le coscienze (le conoscenze, gli scopi, i valori). Con la forza si può costringere qualcuno a far qualcosa che non vuole; ma per convincerlo è necessario dargli delle buone ragioni, cioè fargli assumere certe conoscenze da cui lui possa concludere autonomamente che perseguire un certo scopo è per lui bello, buono, utile o giusto.

Il convincere è caratterizzato dal carattere razionale dell’adesione dell’interlocutore e a differenza della persuasione che ha carattere soggettivo – individuale, la convinzione ha carattere oggettivo – unanime. Alla luce delle più recenti ricerche (Birdwistell, Eckman, Friesen, ecc.) possiamo considerare persuasiva una argomentazione valida per l’uditorio il cui interesse è conquistato preferendo la partecipazione emozionale alla razionalità e quindi il trasporto empatico, ai contenuti oggettivi, e viceversa convincente un ragionamento in grado di ottenere l’adesione razionale di qualunque essere ragionevole, al di là del coinvolgimento emozionale soggettivo, che peraltro può o non, coesistere. L’interlocutore è sempre in grado di opporre una resistenza razionale ai tentativi di persuasione rivolti nei suoi confronti. Nel processo di convinzione, chi è giunto a pensare (o si è convinto) che uno scopo è di per sé appetibile, lo ha collegato a valori propri, e lo perseguirebbe anche indipendentemente dalla pressione altrui. Dal punto di vista di chi ha lo scopo di influenzare è preferibile farlo attraverso la convinzione piuttosto che attraverso la coercizione.

Nell’accezione comune per “follia a due” o “folie à deux”, si intende la trasmissione di idee deliranti da una persona affetta da psicosi ad un’altra più debole e recettiva, legata alla prima da un rapporto di dipendenza, e talora di parentela, comunque da una più o meno lunga relazione di stretta convivenza.

Subire l’influenza di qualcuno non significa necessariamente aderire o avvicinarsi alla sua posizione; questo avvicinamento è invece fondamentale nel processo di persuasione. Per potere di influenzamento si intende il potere di far perseguire ad una persona obbiettivi che prima non perseguiva, far pendere il suo bilancio verso uno scopo fino ad allora non più importante di altri: di farle fare o non fare qualcosa. Gli abituali ambiti relazionali dove si creano le condizioni di influenzamento, sono la relazione terapeutica: medico – paziente, psicoterapia, relazione di aiuto; la relazione amorosa; la relazione pedagogica: maestro – allievo, genitore – figlio; la relazione religiosa e pseudoreligiosa: culti emergenti (capo carismatico) e la comunicazione di massa: manipolazione delle notizie.

Sarteschi (1990) definisce l’ipnosi come un peculiare stato di coscienza, diverso da quello del sonno e del dormiveglia, un particolare stato psicofisico caratterizzato da stati dissociativi auto – ed etero indotti, che comporta una dissociazione psichica, una regressione dei servizi dell’Io ed una ideoplasia (plasticità dei processi ideativi. L’ipnosi viene considerata uno stato temporaneo di attenzione alterata, la cui caratteristica più straordinaria è una suggestionabilità molto accresciuta. Essa può essere ottenuta con varie tecniche o meccanismi, che si servono di stimoli sensori ritmici ripetuti, della suggestione o, più comunemente, di una combinazione di entrambi. Nel rapporto ipnotico la suggestione costituisce certamente l’essenza stessa del trattamento. L’ipnosi è l’unico mezzo conosciuto che permette, mediante i cosiddetti comandi postipnotici, di suscitare in un soggetto delle energie psichiche profonde, dinamicamente efficienti, tali da rafforzare in modo inconscio la funzione volitiva cosciente, o da contrastarla.

L’espressione “lavaggio del cervello”, appare negli anni 1950 per designare i metodi di “rieducazione” utilizzati dai comunisti cinesi. La dimensione di coercizione fisica è caratteristica di ciò che si presenta come “lavaggio del cervello”. La dizione “lavaggio del cervello” è indubbiamente semplicistica e in realtà viene riformulata nella letteratura scientifica in vario modo: riforma del pensiero o coercizione mentale. Alla base del cosiddetto “lavaggio del cervello” si intravede la perdita dei punti esterni di riferimento. Tutti i ricercatori sono concordi nel ritenere che la mancanza di punti esterni di riferimento determina un indebolimento progressivo dell’Io e quindi un infragilimento verso il mondo interno (carenza di difese), a tal punto che i messaggi esterni specie se alleati alla paura, alla minaccia e\o in occasione di stimoli quali fame, sete, sonno, sessualità, penetrano così coercitivamente, da diventare imperativi ed assolutamente esecutivi. Uomini collocati a livelli superiori di una organizzazione gerarchica o della scala sociale o che possiedono un prestigio o un potere anche solo presunto, possono indurre con facilità gli altri individui ad atteggiamenti di acquiescenza acritica, di deresponsabilizzazione anche di fronte a comportamenti gravemente lesivi dell’integrità psichica e fisica degli altri esseri umani. Vi sono dei soggetti con una struttura autoritaria del carattere particolarmente accentuata, che non si mostrano capaci di identificarsi con la vittima, non partecipano alla sua sofferenza e vanno fino in fondo senza scrupoli, sentendosi totalmente deresponsabilizzati. E moltissimi dei torturatori possono essere soggetti del tutto “normali”, soltanto presi dentro la spirale demoniaca della fascinazione; sono persone intrise di complessi di potenza compensatori di complessi di inferiorità o semplicemente di effimera volontà di affermazione a discapito di altri esseri umani. Nel caso del “lavaggio del cervello”, lo scopo è di sostituire l’intero sistema di valori e di atteggiamenti di un individuo con una nuova dottrina. Sistemi del genere sono stati utilizzati anche con i prigionieri di guerra, con metodi basati sulla coercizione fisica e sulla violenza psicologica per ottenere il completo assenso del soggetto e la sua disponibilità a dichiararsi colpevole anche di crimini mai commessi. Sulla stessa base si sono sviluppati quegli episodi tristemente noti di programmazione o di plagio in cui persone o gruppi (sedicenti profeti, sette religiose, ecc.) hanno esercitato il loro ascendente e la loro pressione per indurre soggetti psicologicamente dipendenti a compiere azioni auto-distruttive (dal privarsi dei propri beni fino al suicidio). In tutti questi casi si mirava ad ottenere un impatto così intenso da sconvolgere completamente la personalità del bersaglio.

La manipolazione rappresenta una manifestazione del funzionamento psichico insito in ogni persona, una modalità di pensiero arcaica che permea ogni tipo di interazione umana, dalle strette relazioni all’interno del nucleo familiare, alla relazione del maestro discepolo, ai gruppi di pari. Da questo punto di vista non si tratta unicamente di manovra o di induzione voluta ma spesso si manifesta proprio come una inconscia compenetrazione di aspirazioni e di desideri.

Si parla di menzogna quando una persona intende trarre in inganno un’altra deliberatamente, senza avvertirla delle sue intenzioni e senza che il destinatario dell’inganno glielo abbia esplicitamente chiesto.

Nella persuasione è il soggetto passivo che sulla base delle argomentazioni rivoltegli elabora una propria scelta mantenendo integra la capacità di critica e quindi anche quella di accettare o rifiutare quanto suggeritogli. Persuadere significa causare per via indiretta una convinzione, fornendo gli elementi mentali sui quali (il soggetto) possa costruire e fondare la convinzione stessa. La persuasione richiede attenzione e riflessione. In realtà l’arte della persuasione era già molto in voga nell’antichità, si pensi ad esempio all’arte della retorica di cui erano maestri gli oratori latini e greci. La retorica è la capacità oratoria di influenzare per mezzo del linguaggio, i pensieri, le opinioni e quindi il comportamento degli individui. L’uso del linguaggio costituisce parte integrante delle tecniche di persuasione e convinzione.

La seduzione è un fenomeno umano, diffuso e complesso. La parola deriva dal latino “se-“, a parte, via, “-ducere”, condurre, trattare; letteralmente distogliere dal bene, con lusinghe ed allettamenti, traviare, sviare, indurre in colpa, in errore. A differenza del plagio, nella seduzione è coinvolta irrinunciabilmente la corporeità, la persona nella sua interezza somato – psichica e nel suo essere sociale.

La suggestione appare come la trasmissione di contenuti di coscienza da una parte e l’accettazione acritica di questi contenuti dall’altra; in tali contenuti rientrano opinioni, valori, credenze, ecc .., l’oggetto della suggestione, che il soggetto accoglie con un atteggiamento che è una sorta di fede, fornita dal suggestionatore. Per Poll (1958) la suggestione è una “trasmissione di contenuti di coscienza da una parte e l’accettazione acritica di questi contenuti dall’altra” e quindi conferma che la possibilità di suggestionare, non risulta comunque legata al valore intrinseco del messaggio, cioè al suo contenuto, ma in maggiore misura alle capacità espressive che l’operatore utilizza per comunicare il suo pensiero. Il Poll (op. cit.), dice: “l’uomo può essere influenzato dalla suggestione solo entro i limiti stabiliti dalle sue forme di vita e dalle sue opinioni”. Esclusi quindi i casi in cui vi è una macroscopica, patologica compromissione della capacità di intendere e di volere.

Il termine suggestione costituisce l’antecedente storico dell’influenza.

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Laurea in Psicologia presso Università di Bologna, con tesi “Il plagio” Specializzazione in Psicoterapia presso C.I.S.S.P.A.T di Padova, scuola di specializzazione in psicoterapia dinamico breve, con tesi “Dal falso Sé al Vero Sé – Un percorso immaginativo” discussa con dott. Nevio del Longo Attività clinico/psicoterapeutica/psicodiagnostica Attualmente collabora con Medoc Srl di Forlì (società di Medicina del Lavoro) per: - progetti di promozione del benessere psicologico e empowerment ; - valutazioni dello stress lavoro correlato; - diagnosi psicologiche; - risoluzione di problematiche di singoli sia dovuti a cause lavorative che personali. In campo giuridico, effettuo consulenze specialistiche di parte.

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